Claudio Mencacci, psichiatra, 19 anni fa ha fondato e diretto il primo Centro di riferimento per i disturbi depressivi presso l’ospedale Macedonio Melloni di Milano. Articolo uscito su Il Giornale a cura di Enza Cusmani.
Professore il suo è stato il primo centro in Italia ad avere questa connotazione. Perché questa scelta?
«Per aiutare le donne che aspettano un bambino: è un momento di felicità ma anche di grande fragilità. E la depressione può aggredire il fisico anche nel primo trimestre della gravidanza».
La depressione post partum quanto si presenta?
«È molto diffusa nel primo trimestre dopo la nascita. Ma ci sono anche esordi tardivi, può manifestarsi dopo un anno. E persino dopo due anni». Viene colpita da questa malattia il 16% circa delle donne tra la fase perinatale e l’anno dopo il parto. Sulla base dei 393 mila nuovi nati dell’ultimo anno, hanno sofferto di disturbi d’ansia e depressivi oltre 62 mila donne italiane».
Qual è il campanello d’allarme per capire se si è a rischio?
«Un progressivo abbassamento d’umore, tristezza, emotività, chiusura, ansia progressiva volta a pensieri negativi e di rovina. Sono segnali forti e vengono messi in mostra solo se nella famiglia che sta attorno alla donna c’è ascolto e non giudizio. Non bisogna sottovalutare sintomi e non liquidare il malessere dicendo ma perché ti lamenti».
Con le cure si potrebbero evitare i gesti estremi?
«Si certamente. Negli ultimi vent’anni gli episodi di infanticidio hanno avuto cadenza regolare. Se ne contano 85-86 di cui le vittime sono bambini fino all’anno di età».
Come nel caso successo a Voghera?
«La cronaca del fatto sembra lasciar intuire che la donna non stava bene. C’era un’indicazione di fondo e non la lasciavano sola. La famiglia doveva aver avuto dei sentori. Ci sono indicatori piuttosto precisi per capire quando si è di fronte a un caso grave. Se la donna era sofferente prima o durante la gravidanza, se c’erano casi in famiglia di depressione, oppure se era manifesta una disforia premestruale. Sono condizioni che possono portare alla psicosi post partum ma si contano meno di due casi ogni mille parti».
Un gesto estremo verso un bimbo può essere semplicemente impulsivo?
«C’è sempre un collage di situazioni che posso creare stress e che devono mettere in allerta: un bambino a basso peso o con problemi di salute, rapporti conflittuali con il partner o la stessa relazione tra mamma e figlio che si presenta difficile».
Ha mai sentito dire da una mamma vorrei uccidere il mio bimbo?
«È un pensiero diffuso di mamme ansiose che hanno paura di perdere il controllo. Ma rimane solo un pensiero».