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I giovani imparino a pensare. O alla fine saranno sostituiti

Il co-presidente Mencacci è stato intervistato ieri da Maria Sorbi per Il Giornale. Una riflessione pacata ma anche severa sui futuri uomini di questo Paese (e di questo mondo)

Da anni vede come le nuove tecnologie stiano cambiando la mente dei giovani. Per questo è convinto che prima dell’intelligenza artificiale ci voglia intelligenza. Nel gestire i nuovi strumenti. Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di neuroscienze dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano, sostiene ci voglia anche una certa fretta nell’impostare il nostro rapporto con Bard e affini.

E pensare che proprio l’altro giorno le prove Invalsi hanno denunciato che un 18enne su due non è in grado di capire quello che legge.

«È urgente che la scuola metta in grado i ragazzi di affrontare un mondo che è molto diverso dai percorsi di studio proposti oggi e abitui a utilizzare il pensiero laterale».

Come?

«Insegnando ai giovani a pensare, a offrire soluzioni al problema che vadano oltre allo schema e che siano creative. Non possiamo permettere che l’AI e gli algoritmi acquisiscano conoscenze che le nostre generazioni di studenti non hanno più».

Altrimenti?

«Altrimenti, al netto della furbata di utilizzare l’intelligenza artificiale per fare temi e ricerche per la scuola, si creerà un divario tale che i giovani non saranno nemmeno in grado di utilizzare le potenzialità dell’algoritmo. E soprattutto non avranno più una base etica».

C’è il rischio che restino indietro rispetto agli strumenti che hanno?

«Non essere preparati e non avere le basi, ci rende sostituibili. Già ora le tecnologie stanno sostituendo l’uomo nelle professioni a bassissima competenza. Non permettiamo che lo facciano in tutto. Ripartiamo dall’etica delle tecnologie, l’unica via che può dare un senso alla nostra dimensione di homo sapiens».

Per ora display, videogiochi, social e web in generale come hanno influito sul cervello degli adolescenti?

«Su chi ne fa un uso oculato, hanno portato una marcia in più. Su chi invece ne fa un uso indiscriminato e continuo hanno provocato una dipendenza simile a quella della droga».

Per questo gli studenti non riescono più a concentrarsi e a leggete un testo?

«Anche per questo. Quello che noto è che un abuso di videogiochi e telefonini provoca stress e discontrollo emotivo a livello neurologico. E per di più non facilita la memoria e danneggia il patrimonio del sonno. Ci sono ragazzini di 11 anni che già hanno problemi di sonno e questo provoca alterazioni nella capacità cognitiva».

Cosa intende per discontrollo emotivo?

«L’impulsività diventa sempre più incontrollabile e si può trasformare sempre più spesso in azioni violente, senza filtro. L’appello va ai genitori: la sera non state sul cellulare, sarete più credibili quando lo vieterete ai ragazzi prima di dormire. Fate un regalo alla formazione della loro mente».

Intervista uscita sul “Il Giornale” il 14 luglio 2023 a cura di Maria Sorbi