Si pensava solo a un ‘piccò momentaneo di casi di depressione dovuto alle condizioni causate dalla pandemia, ma anche nel 2023 i numeri confermano i 3 milioni di casi. Di questi, 2 milioni riguardano prevalentemente le donne, adolescenti e adulte. Inoltre la depressione è spesso affiancata ad ansia, disturbi dell’alimentazione e del sonno. Anche la solitudine è ormai un chiaro fattore di rischio depressivo. Infine esiste il problema della comorbilità con malattie metaboliche e cardiovascolari.
L’incontro
Di tutti questi temi si parlerà a Milano l’8 marzo (Hotel Hilton), nel corso del convegno “Donne e salute mentale, i disturbi più comuni nell’era dell’imprevedibilità”, organizzato dalla Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e da Fondazione Onda, con il contributo non condizionante di Viatris. Tra le iniziative per sfatare tabù e pregiudizi sulla salute mentale che, ancora oggi, non consentono di parlare liberamente di patologie come ansia, depressione e insonnia, soprattutto tra i più giovani, è anche attiva la campagna “Non Sono Solo” (nonsonosolo.it). Qui si trovano contenuti informativi, educazionali e di supporto sui temi della salute mentale, fornendo alla popolazione gli strumenti di base per riconoscerne i sintomi e confrontarsi con il proprio medico o con lo specialista.
La depressione
“Un recente studio pubblicato sul Journal of Affective Disorder, che ha indagato l’andamento dello stress psicologico nel post-COVID-19, mostra che la maggior parte della popolazione italiana ha sviluppato buone capacità di resilienza – spiega Camilla Gesi, dirigente medico del dipartimento di salute mentale, ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano – . Tuttavia non si è ancora verificata una diminuzione del numero dei casi di depressione a livello generale, costanti nel post Covid. Inoltre una parte del campione ha mostrato sintomi ansiosi e depressivi persistenti, con un effetto predisponente del sesso femminile, della giovane età, del basso livello culturale, dello status di lavoratore autonomo e della collocazione in regioni del centro-sud d’Italia. Ancora oggi, alcuni gruppi, incluse le donne, presentano un maggior rischio di malessere psicologico persistente e necessitano di interventi mirati”.
Sono le donne a essere più esposte. “Questi dati confermano che sono le donne ad ammalarsi di depressione fino a due volte di più degli uomini – spiega Emi Bondi, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP) e direttore del dipartimento di salute mentale all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – . Una vulnerabilità, quella femminile, legata sicuramente a fattori biologici, ma anche a fattori sociali, connessi allo stress legato al sovraccarico lavorativo ed emotivo che spesso sono chiamate ad affrontare, nel ruolo di lavoratrici, e contemporaneamente di madri e di care giver dei famigliari. È quindi fondamentale programmare attività di prevenzione e di educazione alla prevenzione, soprattutto nelle scuole, e migliorare anche la capacità di diagnosi precoce, di intervento e di cura prima che la malattia diventi troppo grave o che si sviluppino casi di comorbilità”.
La comorbilità
Il problema è che chi è depresso rischia di sviluppare anche altre patologie. “Molte malattie fisiche, infatti, sono più frequenti nei pazienti con depressione, rispetto alla popolazione generale e possono influenzarsi reciprocamente – precisa Andrea Fagiolini, professore ordinario di psichiatria al dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Siena – . Ad esempio, nei pazienti con depressione, il diabete è 5 volte più frequente, la coronaropatia ischemica e le malattie articolari sono circa il doppio, le malattie respiratorie sono 4 volte più frequenti e, dopo i 55 anni, la mortalità è circa 4 volte superiore a quella della popolazione generale. Esistono molteplici meccanismi che spiegano questa frequente comorbilità: una base biologica comune, la presenza di fattori di rischio condivisi, lo stress emotivo e l’ansia, legati a ognuna delle due malattie, nonché le maggiori difficoltà nell’aderenza alle terapie prescritte. In molti casi, il trattamento della comorbilità richiede un approccio integrato che affronti entrambe le condizioni attraverso trattamenti compatibili e prescritti in sinergia con i colleghi che si occupano dell’altra malattia. Questo approccio evita di aggiungere un ulteriore carico a chi è già ammalato, migliora la prognosi della malattia esistente e facilita il raggiungimento di una migliore qualità di vita”.
Il disturbo bipolare
Oltre alle comorbilità con malattie ‘fisiche’, vi sono numerose condizioni psichiatriche che spesso sono associate alla depressione. “Tra queste troviamo il disurbo bipolare – spiega Bernardo Dell’Osso, professore ordinario di psichiatria e direttore del dipartimento di Psichiatria-2 all’ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano – una condizione diagnosticata con sempre maggiore frequenza (dal 2 al 5% della popolazione generale) nel genere femminile. Diverse sono le ragioni alla base di tale fenomeno. La più importante è una maggior attenzione da parte dei professionisti della salute mentale nel riconoscere più precocemente i disturbi dell’umore. Tra questi, molte forme di disturbo bipolare di tipo 2, longitudinalmente caratterizzate dalla prevalenza di episodi depressivi, vengono oggi diagnosticate con maggiore attenzione e precocità, essendo in precedenza state spesso misdiagnosticate per “semplici” depressioni. Una serie di fattori è stata chiamata in causa per spiegare l’aumentare di forme ad esordio precoce di disturbo bipolare già in età pediatrica e adolescenziale, soprattutto nel genere femminile. Tra questi occorre menzionare una maggior frequenza di sovrappeso e obesità, fattori in grado di anticipare la pubertà nel genere femminile, con conseguente maggior rischio di sviluppare disturbi dell’umore, soprattutto in presenza di altri fattori di rischio ambientale, come l’uso di sostanze. Una maggiore prevalenza di disturbo bipolare nel genere femminile presenta inoltre una serie di implicazioni in termini di gestione terapeutica e follow-up”.