Il piano omicida per colpire la moglie è la vendetta più atroce. Il professor Mencacci ricorda che non bisogna mai lasciare i figli con padri violenti e niente affidi a chi ha mostrato segnali di aggressività.
“Mai lasciare i figli con padri violenti”: intervista al professor Mencacci
Il piano omicida per colpire la moglie è la vendetta più atroce. Il professor Mencacci ricorda che non bisogna mai lasciare i figli con padri violenti e niente affidi a chi ha mostrato segnali di aggressività.
«Per i padri assassini i figli sono esclusivamente un oggetto attraverso il quale distruggere definitivamente la donna: sono disposti a tutto pur di raggiungere l’obiettivo. Devono punire le compagne che li vogliono lasciare e il mezzo sono i ‘miei figli’. Uccidere i bimbi è la vendetta eterna, ma tutto parte dal problema culturale del concetto di ‘proprietà’, che gli uomini adottano rispetto a donne e bambini». Lo psichiatra Claudio Mencacci traccia la linea di demarcazione tra l’uomo e la donna: l’odio cieco che distrugge il bene più prezioso, il sangue del tuo sangue.
Quando sono le donne a uccidere i propri figli, che tipo di movente ‘tradizionale’ c’è – invece – nella loro testa? «La depressione post partum o la psicosi post partum. Le madri uccidono i figli in una condizione di grande sofferenza e pietà, psicologicamente alterate, cercando di salvare il proprio neonato. Nelle mie esperienze dei racconti di queste tragedie non ho mai visto odio e vendetta, ma sempre trasporto. Hanno un pensiero salvifico, vogliono accompagnare il figlio verso la protezione perché loro si sentono inadeguate. Non c’è un ricordare con freddezza, i sentimenti sono pieni e alterati dalla depressione».
Il padre killer della provincia di Varese non accettava la separazione e tormentava la moglie. Per il procuratore, in più, «soffriva di disturbi psichiatrici da tempo». Questo orrore si poteva evitare? «Se una persona manifesta aggressività, occorre molto riguardo prima di affidargli i bimbi. Soprattutto se esiste un contesto di conflittualità, anche se non ci sono denunce: le violenze, spesso, non sono esplicite». Perché gli uomini sono incapaci di reggere la fine di una relazione? «Dietro c’è la logica del possesso e del potere. L’abbandono espone a un’ulteriore fragilità: non per un motivo affettivo, ma perché la prevaricazione viene messa a repentaglio. L’amore qui non c’entra nulla: è desiderio di punizione. La bigenitorialità non è per forza giusta, ci sono padri problematici e violenti ai quali i tribunali non dovrebbero affidare i figli. La teoria dell’alienazione nei confronti dei padri è come sostenere che la Terra è piatta. Certi uomini non sono in grado di gestire i figli e i giudici, consentendogli di vederli, mettono la vita dei piccoli a rischio».
Cosa si può fare per fermare prima la mano di questi killer? «Coltivare figli con un’educazione agli affetti che abbia come cardini il rispetto e la tolleranza, non la prevaricazione e la prepotenza. Le relazioni sono scambi paritetici, non deve esserci possessore e dominato». Cosa hanno in comune, nel vissuto pregresso, questi padri? «La violenza si trasmette. I comportamenti aggressivi di cui si è partecipe o vittima sono acquisiti nella nostra testa. Ma è anche vero che siamo figli della nostra cultura. I femminicidi – perché questo è ulteriore modo di uccidere la donna – sono ancora un’emergenza. Anche i figlicidi non sono un fenomeno raro: in gennaio proprio a Varese c’è stato un caso analogo».
Il doppio infanticidio è un gesto che il padre cova da tempo, avendo studiato il piano diabolico nel silenzio? «Sì, lo fanno sempre. Sono gesti assolutamente premeditati: aspettano di avere i figli a disposizione. Quindi, ribadisco: quando ci sono premesse di violenza, fare grande attenzione a lasciare i bimbi con i padri».
Perché il 30 per cento degli uomini che uccidono le donne, poi si toglie la vita, mentre la quota dei padri che ammazzano i figli e poi si uccidono sfiora il 100 per cento? «Perché tolgono alla donna anche l’aspetto di vedere la loro espiazione, di subire le condanne del gesto. Così evitano tutte le conseguenze, sono egoisti e codardi fino in fondo». Uccidere i figli per una madre che sta lasciando suo marito è una punizione eterna.
Queste donne come possono continuare a vivere? «Credo che la difficoltà sia enorme, ma l’unico modo è mantenere vive l’emotività, l’affettività e i sentimenti che avevano per i propri figli. Non devono spegnersi e farsi travolgere da un dolore di questa portata. Noi, esseri umani, possiamo sempre ricostruire dalla distruzione: riformare un senso di umanità dopo una catastrofe è un insegnamento universale».
Articolo di Alessandro Belardetti uscito su QN il Giorno il 25 marzo 2022