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Parlare di guerra ai bambini: quando farlo, come (e perché). I consigli dello psichiatra Mencacci

Ogni genitore in questi giorni si interroga su questi temi, se ci sia una via di mezzo tra lo stare connessi, immersi nella realtà di una fase storica angosciosa come quella attuale e il chiudersi in una bolla insieme al proprio figlio. Se ci sia un modo di parlare di guerra ai bambini non traumatizzante. Claudio Mencacci spiega che sì, il modo c’è. Ed è nostro dovere farlo.

Difficile accendere la televisione o la radio senza incappare in notizie di guerra, senza che possiamo controllarne il flusso. Ma quel flusso arriva anche alle orecchie e agli occhi dei nostri figli: piccoli e incoscienti, pensiamo. Oppure più grandicelli e capaci di farsi un’idea da soli, ci illudiamo. Ma intanto, magari: cambiamo canale o stazione? Abbassiamo il volume per continuare a informarci sperando così di non turbarli? Affrontiamo l’argomento apertamente o solo se loro ci fanno domande? Ogni genitore in questi giorni si interroga su questi temi, se ci sia una via di mezzo tra lo stare immersi nella realtà di una fase storica angosciosa come quella attuale e il chiudersi in una bolla insieme al proprio figlio. Se ci sia un modo di parlare di guerra ai bambini non traumatizzante. E alla portata di ogni genitore. Lo abbiamo chiesto al professor Claudio Mencacci, neuropsichiatra.

Parlare di guerra ai bambini: quando farlo, come e perché. I consigli di Claudio Mencacci

«Innanzitutto è fondamentale non lasciare i bambini soli davanti alle immagini», spiega Claudio Mencacci. «Non dobbiamo mai pensare che quelle immagini non li raggiungano». Anche se, magari, fingono indifferenza. «Questa è la possibilità peggiore: l’apatia, il congelamento delle emozioni. Invece riconoscersi nell’altro e anche preoccuparsi per l’altro sono momenti importantissimi, costitutivi del percorso di crescita del bambino come essere umano».

Se, invece, li sorprendiamo angosciati, bene: quello è il momento di parlare. «Nel momento in cui decidiamo di affrontare l’argomento, dobbiamo come prima cosa capire che cosa già sanno e l’effetto che quello che sanno ha su di loro. Solo a partire da come il bambino si sente, può iniziare un dialogo. Che deve essere portato avanti con parole adatte all’età e resistendo alla tentazione di mentire».

Le parole giuste, al momento giusto

La lezione nozionistica, con escursus storico sul conflitto Israelo-Palestinese dall’origine del sionismo ai giorni nostri, passando per la guerra dei sei giorni e gli accordi di Oslo, ai bambini non serve, è molto più importante trasferire l’idea di che cosa è una guerra. «Ma questo concetto è alla loro portata. Sanno che cosa succede quando due persone vogliono la stessa cosa e nessuno dei due la vuole mollare».

Compito del genitore, è invitarli a fare un passo in più. «Spiegare che si può lavorare a un accordo: questo significa educare alla mediazione, è investire sul futuro».

Evidentemente i genitori stessi possono sentirsi inadeguati: sia dal punto di vista delle conoscenze, che da quello del senso di quello che sta succedendo. «È giusto e lecito, non c’è nulla di male se un padre o una madre ammette di non capire qualcosa». Ma è comunque importante non tirarsi indietro di fronte alla propria responsabilità di adulti di riferimento.

I suggerimenti di Unicef e Save The Children per spiegare la guerra ai bambini

Siccome ogni genitore è in cerca di spunti pratici abbiamo raccolto anche i consigli forniti dalle organizzazioni competenti. Innanziutto Unicef, che offre nove suggerimenti per dialogare con i bambini, sostenerli e offrire loro consolazione, e Save The Children, con un video di consigli.

  • Scegliete il momento giusto e provate a capire cosa già sa

Innanzitutto, meglio scegliere con attenzione il momento della giornata in cui approcciare con naturalezza – per quanto possibile – gli avvenimenti attuali. Per esempio, durante un pasto. Prima di parlare della guerra ai bambini, conviene chiedere al bambino che cosa già sa e come si sente. Alcuni bambini sono poco informati e non provano interesse nel parlarne: è d’obbligo rispettare la loro inclinazione. Altri, magari, sono preoccupati ma non lo dimostrano.

Con i bambini più piccoli può essere d’aiuto disegnare o giocare per poi agganciare una discussione al riguardo.

In ogni caso è importante capire cosa abbia già visto o sentito il bambino per tranquillizzarlo e smentire eventualmente le informazioni false che possono avere attecchito nella sua mente.

  • Prendete sul serio i sentimenti del bambino

I bambini più piccoli potrebbero non essere in grado di distinguere tra le immagini che vedono in tv e la loro vita reale, credendo, quindi, di trovarsi in una situazione di pericolo immediato. I più grandicelli potrebbero aver letto qualche articolo inquietante sui social media e temere un’escalation dei combattimenti.

È importante non minimizzare le preoccupazioni del bambino. I sentimenti che sta provando sono del tutto naturali ma i suoi genitori sono lì per ascoltarlo e spiegargli come vanno le cose.

  • Portate avanti una conversazione tranquilla, adatta alla sua età

Quando si parla a un bambino, è fondamentale usare un linguaggio adatto alla sua età. E osservare con attenzione l’effetto che le parole hanno su di lui, le sue reazioni, prestando attenzione anche al linguaggio del corpo.

Naturalmente può capitare che la situazione mondiale preoccupi anche i genitori, è del tutto normale. La rassicurazione che possono offrire ai loro figli è che loro non sono in pericolo e che tutto il mondo sta lavorando per mettere fine al conflitto e proclamare la pace.

  • Chiede cose a cui non sapete rispondere? Non fa niente

Può capitare di non avere la risposta pronta a una domanda. E va bene così. I genitori possono tranquillamente confidare che cercheranno la risposta. Può essere l’occasione per farlo insieme, se i figli sono abbastanza grandi. E per spiegargli che alcune informazioni che circolano su Internet sono false e quanto è importante scegliere fonti affidabili. Focus Junior ha pubblicato alcuni articoli che possono essere utili per chiarire i punti importanti con i bambini più grandi.

  • Evitate di generalizzare

Purtroppo, i conflitti generano spesso odio nei confronti degli stranieri, che si tratti di un popolo o di una nazione. Un genitore dovrebbe invece evitare di fare commenti generali su gruppi della popolazione o su alcune nazionalità. E invece cercare di risvegliare un sentimento di compassione, ad esempio nei confronti delle famiglie che devono fuggire dalla propria terra.

  • Valorizzate le storie positive

Nel flusso di notizie difficili e nere, se ne possono trovare anche alcune positive, ad esempio quelle di persone che prestano soccorso ai bisognosi o di giovani che rivendicano la pace.

Anche i bambini potrebbero volere prendere parte a una manifestazione per la pace. Potrebbero dipingere un cartellone o scrivere una poesia per la pace. Spesso la sensazione di fare qualcosa – per quanto piccola – può dare un grande sollievo.

  • Concludete la conversazione con cautela

Quando la conversazione si avvicina alla fine, il suggerimento degli esperti di Unicef è di osservare lo stato d’animo del bambino. Cercando di valutare il suo livello di paura, prestando attenzione al linguaggio del corpo, al respiro, all’inflessione della voce. Infine, utile ricordargli che può trovare ascolto nei suoi genitori in ogni momento, se è preoccupato, se ha domande o semplicemente se vuole parlare.

  • Accertatevi che il bambino si senta bene

Per tutto il tempo del conflitto, i genitori dovrebbero prestare particolare attenzione allo stato di benessere dei figli. Notando cambiamenti del suo stato d’animo o nel comportamento. Misteriosi mal di pancia, mal di testa, incubi o disturbi del sonno. Possono anche comparire tristezza o rabbia. Molte di queste reazioni sono risposte normali a una situazione stressante e, solitamente, sono solo di breve durata. Tuttavia, se persistono per un periodo prolungato, il bambino potrebbe aver bisogno di un aiuto specializzato.

  •  Prendetevi cura anche di voi stessi

Per aiutare al meglio i propri figli, i genitori devono prendersi cura innazitutto di se stessi. Anche prestando attenzione al modo in cui consultano le notizie, per esempio: meglio stabilire dei momenti definiti durante la giornata in cui informarsi, anziché navigare costantemente online. E prendersi del tempo per fare cose rilassanti e gradevoli.

Servizio di Erika Riggi uscito su Io Donna il 18 ottobre 2023