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Quando la paura della malattia è una malattia vera

Editoriale di Claudio Mencacci per il Corriere della Sera. L’ipocondria, se non viene «presa sul serio» in alcuni casi può portare a conseguenze gravi. Lo sviluppo di Internet ha ulteriormente amplificato la ricerca di autodiagnosi (cybercondria) che esacerbano le preoccupazioni.

Numerosi personaggi hanno sofferto di preoccupazione eccessiva per la propria salute da Napoleone a Darwin, a Proust, a Bronte a Woody Allen, tutti affetti da Disturbo da Ansia da Malattia più comunemente conosciuta come ipocondria. Una preoccupazione cronica ed eccessiva di avere una malattia grave, nonostante l’assenza di sintomi significativi e le rassicurazioni mediche. Oltre il 3-5% della popolazione ne è affetta, con lievi differenze di genere influenzate da norme sociali e culturali riguardanti l’espressione delle emozioni e della vulnerabilità. Lo sviluppo di Internet ha ulteriormente amplificato la ricerca di autodiagnosi (cybercondria) che esacerbano le preoccupazioni.

Ma quest’ansia non è innocua: può portare a conseguenze come depressione, ossessioni, isolamento sociale e conseguenti problematiche relazionali, con riverberi fisici a livello gastrointestinale, cardiologico, respiratorio, fatica cronica, aumento della dolorabilità. Ne sono coinvolte qualità e anche la quantità di vita. Recenti studi hanno dimostrato che chi è affetto da ipocondria ha un aumentato rischio di morte (69%) sia per cause naturali (malattie cardiologiche, nervose o respiratorie) sia innaturali (rischio suicidio 4 volte più alto). La durata media della vita delle persone con ipocondria è di 5 anni più breve rispetto a quelle senza il disturbo.

Essendo convinte di avere disturbi gravi e progressivi controllano ripetutamente i sintomi, si sottopongono a esami inutili e invasivi, a eccessivo uso di farmaci non necessari, esponendosi al rischio di effetti collaterali, complicazioni da procedure mediche inutili, a consultazione di più medici (doctor shopping) con aumento del rischio di errori terapeutici o di sovradosaggi. Di converso esistono anche individui ipocondriaci negligenti verso comportamenti sani, come dieta equilibrata o attività fisica, dove l’ossessione per la salute viene distratta e non si prende cura di sé e da veri problemi, ritardando la diagnosi e le cure, contribuendo al deterioramento della salute nel tempo e anche della durata della vita.

Ci sono ipocondriaci lievi e transitori, ma anche quelli che vivono in un perpetuo stato di preoccupazione, sofferenza e ruminazione e molti di essi non vengono diagnosticati e curati. Oggi sappiamo che l’ipocondria può avere conseguenze significative. Dobbiamo sviluppare modelli migliori di assistenza con una più stretta collaborazione tra cure primarie, specialisti medici e esperti di salute mentale per avvicinarli alle cure. Esistono buoni trattamenti, in particolare le terapie cognitivo-comportamentali, la gestione dello stress e alcuni farmaci, anche se gli eventuali effetti collaterali possono riattivare l’ansia per la salute.