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Un Piano nazionale per la salute mentale che non può restare sulla carta

I giorni scorsi è stato reso pubblico il Progetto di Azione Nazionale per la Salute Mentale PANSM 2025-2030, che per quanto non ufficiale, in quanto appena sottomesso all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni e quindi non definitivo, consente di valutarne il contenuto.

Esso è il frutto del lavoro di un Tavolo Tecnico istituito, non casualmente, dal Ministero della Salute Mentale nel 2023, subito dopo l’omicidio della Psichiatra Barbara Capovani ad opera di una persona ricoverata nel reparto di Psichiatria da lei diretto.

Un Tavolo Tecnico ministeriale sulla Salute Mentale e la morte di una psichiatra sono fatti distantissimi ma, agli occhi di molte persone che lavorano nei servizi, non del tutto separati.

Quello che molti colleghi Psichiatri, Psicologi, Infermieri, Assistenti Sociali ed Educatori (e tanti altri che lavorano nei Dipartimenti di Salute Mentale) provarono nell’occasione dell’assurda morte di una collega, è stato un sentimento di profonda distanza da parte della politica sul tema della salute mentale.

Si è percepita una solitudine personale e l’abbandono di una questione cruciale per la nostra società, ma di così difficile gestione, quale è la cura delle persone che soffrono di una patologia mentale.

Per molti anni la sensazione prevalente tra gli operatori è stata quella di trovarsi in un angolo cieco del dibattito politico e culturale del Paese. Un luogo in cui accadevano fatti rilevanti come la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, il continuo dibattito tra interventi con e senza consenso, l’esplosione del bisogno di cura soprattutto tra i più giovani e gli adolescenti, la diffusione di sempre nuove sostanze d’abuso. Tutto questo, tuttavia, è stato spesso osservato da una distanza prudente, quando non con disinteresse.

È mancata nel corso degli ultimi 25 anni una capacità di fornire una narrazione comprensibile a tutti del problema, al fine di costruire possibili soluzioni.

Ed è invece necessario occuparsi di salute mentale perché il tema è cruciale per il Paese: se trascurato, diventa esplosivo. I costi economici e politici dell’abbandono dei servizi di salute mentale emergono rapidamente.

Per questo motivo il Coordinamento Nazionale dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (CN SPDC) e la Società Italiana di NeuroPsicofarmacologia (SINPF), in rappresentanza di tutti i soci iscritti, colgono con favore alcune azioni che sembrano finalmente andare in una direzione diversa. La nomina per la prima volta di uno psichiatra a presidente del Consiglio Superiore di Sanità, insieme all’uscita, dopo più di dodici anni (l’ultimo PANSM è del 2013), di un documento organizzativo nazionale per i servizi di salute mentale, potrebbe rappresentare un importante passo nella direzione del cambiamento.

I contenuti del documento sono numerosi e offrono molti spunti di riflessione ma riteniamo utile soffermarci su alcuni aspetti:
– Indicazioni organizzative di valore unitario per il Paese, per frenare una deriva localistica eccessiva. In un sistema sanitario regionalizzato e ulteriormente suddiviso in singole realtà aziendali, questa frammentazione rischia di avere ancora maggiore impatto nella salute mentale rispetto ad altre discipline, a causa di interpretazioni a volte ideologiche dei possibili percorsi di cura. Non è tollerabile che un cittadino trovi risposte così diverse a seconda della regione in cui vive. Un elemento che rischia di compromettere i diritti fondamentali alla salute mentale, in nome di logiche limitate all’area di competenza delle singole Aziende Sanitarie.

– Centralità del paziente e del suo percorso di cura. Il PANSM, proponendo organizzazioni di servizi integrati, suggerisce come elemento centrale la continuità delle cure, sia nel corso delle varie fasi della vita (minore età ed età adulta) sia nelle diverse espressioni sintomatologiche e di bisogno (Dipendenza, Psichiatria e Psicologia). Questa organizzazione risponde, a nostro parere, al fondamentale bisogno di costruire servizi unitari, aperti, di immediata accessibilità e capaci di fornire percorsi di cura diversificati e continuativi, in linea con i bisogni espressi dai cittadini.

– Approccio basato sul modello bio-psico-sociale, sull’evidence-based medicine, sulla visione inclusiva del One Mental Health, in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Promozione della prevenzione fin dai primi momenti della vita, e richiamo costante a interventi terapeutici fondati su evidenze scientifiche. Appare oggi più che mai necessario, in un’epoca di crisi del pensiero scientifico, superare le posizioni ideologiche anche in psichiatria, promuovendo trattamenti personalizzati e basati su prove di efficacia e sulla clinica maturata.

– Sicurezza dei lavoratori come elemento qualificante l’organizzazione dei servizi e passo concreto per contribuire a ridurre l’emorragia di professionisti che ha avuto luogo negli ultimi anni e ricostruire quella rete di professionalità necessarie per una risposta adeguata ai bisogni di salute mentale. Aver paura di andare a lavorare non è accettabile nel nostro Paese.

– Sostegno alla formazione e alla ricerca nei servizi di salute mentale come elemento qualificante il valore del servizio reso ai cittadini e per favorire al contempo un continuo miglioramento degli standard di cura. I Servizi di Salute Mentale devono essere al centro di un processo in grado di qualificarne la qualità, anche tramite un maggiore coinvolgimento nei percorsi di ricerca scientifica, con attenzione alla misurazione della qualità delle cure e degli esiti degli interventi.

Come Società Scientifiche, pur apprezzando molto la qualità di alcuni contenuti del documento, che rappresentano sicuramente un passo avanti nel percorso volto all’implementazione dei servizi di salute mentale, non possiamo non sottolineare l’indispensabile sostegno in termini di risorse economiche necessarie a far sì che i cambiamenti suggeriti nel testo del PANSM non restino solo sulla carta come un libro dei sogni, ma si traducano in cambiamenti concreti, visibili ai cittadini e agli operatori.

Se davvero si vuole modificare l’atteggiamento “distratto” tenuto per troppi anni verso la salute mentale, occorre prevedere uno stanziamento dedicato e significativo per realizzare gli obiettivi del Piano. Apprezziamo l’impegno del Tavolo Tecnico del Ministero della Salute e ringraziamo il Ministro Orazio Schillaci per l’impulso dato alla realizzazione del PANSM, ma è indispensabile che il Ministero dell’Economia e delle Finanze sostenga queste politiche. Solo così il nostro Paese potrà affrontare le drammatiche emergenze della salute mentale secondo le linee guida proposte, senza vanificare una lunga storia di eccellenza che ci contraddistingue.

Alla luce delle molte analisi effettuate, è evidente che il costante sottofinanziamento degli ultimi vent’anni ha causato un tale depauperamento dei servizi da richiedere un impegno straordinario: almeno 200 milioni di euro all’anno per 5 anni per rilanciare i Dipartimenti di Salute Mentale, in particolare sul fronte delle risorse umane. Serve un investimento strutturale, non occasionale, che garantisca continuità e risorse adeguate per raggiungere gli obiettivi del PANSM e assicurare una buona salute mentale al Paese. Un significativo incremento nel finanziamento sarebbe anche un segnale concreto di volontà di allinearsi agli standard europei, dove le risorse destinate alla salute mentale sono ben superiori.

Come Società Scientifiche rimaniamo in attesa vigile di buone notizie anche in termini di investimenti concreti, e disponibili a lavorare con le Istituzioni per progetti di miglioramento dei servizi di salute mentale.

Dr.ssa Emi Bondi e Dr. Giancarlo Cerveri
Presidenti Coordinamento Nazionale Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (CN SPDC)

Dr. Claudio Mencacci e Prof. Matteo Balestrieri
Presidenti Società Italiana di NeuroPsicofarmacologia (SINPF)