Editoriale di Matteo Balestrieri per il Corriere della Sera
Tre film aiutano a capire intrighi ed emozioni che si celano dietro l’elezione del nuovo pontefice. E perché l’ingresso della figura femminile (intesa anche come dimensione corporea) potrebbe davvero cambiare le cose.
Nel momento in cui la Chiesa si prepara a eleggere un nuovo pontefice, il cinema offre una lente interessante per esplorare non tanto i riti del conclave quanto le dinamiche interiori e relazionali che esso scatena. Il più recente film Conclave (2024) di Edward Berger si unisce a titoli come I due papi di Fernando Meirelles e Habemus Papam di Nanni Moretti, per tratteggiare un ritratto tutt’altro che idealizzato di coloro che si riuniscono nella Cappella Sistina. Nei tre film il conclave è lo spunto per riflettere sui vissuti e i comportamenti dei cardinali che eleggeranno o verranno eletti al soglio pontificio. In Conclave dopo la morte del papa, i cardinali si riuniscono per eleggere il successore. Il cardinale Lawrence guida il conclave, che vede l’arrivo inaspettato del cardinale Vincent Benitez, nominato in pectore.
Fede, colpa e perdono
Tra intrighi e colpi di scena, Benitez viene eletto papa, portando una ventata di cambiamento nella Chiesa. In I due papi il cardinale Bergoglio, desideroso di dimettersi, incontra papa Benedetto XVI. I due discutono delle loro visioni opposte sulla Chiesa, affrontando temi di fede, colpa e perdono. Il film esplora il loro rapporto e le circostanze che portano alle dimissioni di Benedetto e all’elezione di Francesco. Infine in Habemus Papam il cardinale Melville viene eletto papa ma, sopraffatto dall’ansia, fugge prima dell’annuncio ufficiale. Mentre il Vaticano cerca di gestire la crisi, il nuovo papa affronta un profondo conflitto interiore, mettendo in discussione la sua capacità di guidare la Chiesa.
Il potere e le sue lusinghe
Un tema che emerge, più in Conclave che negli altri film, è quello dell’ambizione personale. Il conclave è raffigurato non come un evento puramente spirituale, ma come un’arena dove strategie, influenze e desideri personali si scontrano. I cardinali, benché rivestiti di sacralità, sono uomini, e come tali vulnerabili al potere e alle sue lusinghe. «Ogni cardinale dentro di sé ha già scelto il nome con il quale vorrebbe che il suo papato fosse conosciuto», afferma il cardinale Bellini, a testimonianza di quanto l’ambizione individuale si insinui anche nei luoghi della fede. In questa prospettiva, la Chiesa diventa lo specchio di ogni organizzazione umana: divisa, competitiva, attraversata da tensioni tra conservatori e progressisti, tra potere spirituale e potere politico.
Il dubbio come virtù
Ma proprio in questa umanità, il cinema trova un punto di forza. Se da un lato denuncia le lotte interne, dall’altro mostra le paure profonde che abitano chi si trova improvvisamente di fronte alla possibilità del papato. La figura del «papa riluttante» è ricorrente ed è il trait d’union tra i tre film. In Conclave, il cardinale Lawrence afferma: «C’è un peccato che temo più di ogni altro: la certezza». Il dubbio diventa non una debolezza, ma una virtù. È l’incertezza, e non la sicurezza granitica, a tenere viva la fede come mistero, aperta alla compassione e al confronto. Allo stesso modo, in I due papi, tanto Benedetto XVI quanto il futuro Francesco esprimono per motivi diversi un desiderio profondo di rinuncia, come se la grandezza del compito li sovrastasse. «Fare il Papa è come fare il martire» dice Bergoglio nel film. In Habemus Papam, il rifiuto del ruolo pontificio si fa angoscia esistenziale, ansia paralizzante, fuga dalla responsabilità: il volto umano della crisi vocazionale, portato alla luce con delicatezza e ironia.
La questione del femminile
Questi film non raccontano soltanto la Chiesa, ma parlano al cuore di ogni spettatore: chi non ha mai sentito il peso di aspettative troppo alte, o il timore di non essere all’altezza del ruolo che gli viene assegnato? Infine un tema specifico di Conclave, anche se trattato sottotraccia, è la questione del femminile, spesso silenziato o relegato a ruoli marginali. Il film introduce le suore come figure invisibili ma osservatrici attente, capaci di registrare ciò che accade nel conclave con occhio lucido. La loro presenza discreta diventa un controcanto alla tensione maschile: più silenziosa, ma non meno rilevante. Il film arriva a proporre, anche attraverso il tema della intersessualità di un cardinale, l’idea che la sensibilità femminile – intesa non solo come qualità psicologica, ma anche come dimensione corporea – possa trovare spazio nella più alta carica ecclesiastica. Un messaggio forte, in una Chiesa ancora rigidamente patriarcale.
Un viaggio nell’animo umano
Non è d’altra parte la prima volta che il cinema immagina una figura femminile al soglio pontificio. La papessa (2009) evocava, tra mito e leggenda, la storia di Giovanna, che avrebbe finto di essere uomo per diventare papa. Ma Conclave va oltre: suggerisce che la spiritualità, la misericordia e la capacità di ascolto – spesso considerate «femminili» – possano rappresentare non un’eccezione, ma un fondamento possibile per una nuova visione del potere ecclesiastico. In conclusione, il cinema contemporaneo non si limita a ricostruire scenari vaticani: esplora l’animo umano di fronte alla responsabilità, l’ambivalenza dell’ambizione, il valore del dubbio e il potenziale trasformativo della presenza femminile. E così facendo, ci invita a chiederci non chi sarà il prossimo papa, ma che tipo di umanità – e di spiritualità – vogliamo vedere rappresentata.
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