Claudio Mencacci, direttore emerito del dipartimento Neuroscienze dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano e presidente della Società italiana neuropsicofarmacologia, non è stupito del ruolo che hanno avuto i genitori dei due giovani assassini di Roma e di Messina. «Pensare di coprire la fuga o la colpa dei figli, è terrificante. Manca la capacità da parte degli adulti di educare i figli in senso affettivo e civile, mentre viene invece rimarcato il molo della famiglia come clan».
E un malinteso senso di iperprotezione?
«Molti genitori oggi credono che i figli non siano mai responsabili delle loro azioni. L’educazione non viene orientata alla valorizzazione delle competenze, o a una visione positiva delle relazioni, non viene insegnato il concetto di gratitudine e quello del rispetto dell’altro».
Di fronte alla morte, c’è forse una reazione istintiva che porta a una perdita di lucidità?
«Coprire un figlio assassino va al di là del legittimo dolore che il genitore prova. Manca proprio la capacità di rendersi conto della carica distruttiva causata da un comportamento del figlio». Educare non è un mestiere facile. «Questa è una generazione di genitori distratti. Molti dimenticano che l’educazione riguarda anche la crescita all’interno di una comunità dove ci sono delle regole. Sono tutti chiusi nella propria digitalizzazione, i genitori come i figli. I bambini guardano e vedono gli adulti assorti nei loro telefoni. Questo aumenta la solitudine, l’isolamento, la tentazione di ricorrere alla violenza per risolvere i problemi»
Genitori non all’altezza, quindi.
«Molti risentono del generale rarefarsi delle relazioni a livello sociale, che porta ad un impoverimento della capacità di dialogo. Pensano esclusivamente a mantenere la dipendenza dei figli dalla famiglia, con atteggiamento di iperprotezione, che demolisce l’autonomia, la fiducia in sé stessi dei ragazzi, l’intelligenza emotiva».
Sono genitori ostaggio dei figli?
«Gli adulti dovrebbero assumersi la responsabilità di essere educatori, non solo autisti, dispensatori di soldi. Ma l’educazione richiede capacità di spiegare che le cose vanno meritate e conquistate, non prese con la forza. Ma in un rapporto vuoto, basato sul ricatto, questi adolescenti crescono non solo annoiati, ma anche apatici, depressi, portati ad alienarsi con le sostanze, a usare violenza per ottenere quel che desiderano».